Pagotto: "La coca un errore ma carriera segnata già al Milan. Da allenatore sarò il riferimento che..."

24.12.2015 14:00 di  Luciana Magistrato  Twitter:    vedi letture
Pagotto: "La coca un errore ma carriera segnata già al Milan. Da allenatore sarò il riferimento che..."

Un Natale da uomo libero, finalmente. A metà mese è infatti scaduta la lunga squalifica (otto anni per recidività nell'uso di coca allungati di altri sei mesi per aver allenato di nascosto di portieri della Sanremese) di Angelo Pagotto, ex portiere di Samp, Milan, Empoli e Perugia tra le altre e della Nazionale Under 21, rimasto troppo a lungo prigioniero degli eventi e dei suoi errori ma questo Natale 2015 potrà finalmente viverlo da persona libera di sognare una nuova fase della vita e della carriera. "Non ho ancora focalizzato e assaporato fino in fondo questa sensazione a dire il vero, inizierò a farlo da gennaio. Il prossimo anno cercherò anche di fare il corso da allenatore e andare più avanti possibile su questa strada" racconta e in esclusiva a Corrierespione.it, guardando già avanti

Partiamo però proprio dal 2007 dalla gara Spezia-Crotone, dove giocava, quando fu trovato positivo alla coca. Perché ne fece uso? "Frequentazioni sbagliate e un periodo negativo della mia vita, un insieme di cose che mi ha portato a fare quella ca...a che di certo non voglio giustificare e che condanno, ma credo di aver pagato abbastanza. Un errore che, potendo tornare indietro, non rifarei. Ho creduto di risolvere i miei problemi con l'assunzione di stupefacenti ma le droghe non sono mai una soluzione, nel calcio come in tutti gli altri ambiti della vita".

Ora sta allenando dei bambini, alla Settignanese, dopo quello che è successo che esempio pensa di dare? "Per me è stata una lezione di vita, in questi anni ho riflettuto molto sulla mia vita, soprattutto ho pensato che avrei potuto dare di più e che ho sfruttato  solo il 30% delle mie capacità. Come mai? Nei momenti clou non ho avuto fortuna né carattere. Se non ero al 100% mi bloccavo e preferivo cambiare piuttosto che affrontare i problemi. Ma sono sempre stato attaccato a dei valori ed ora lo sono anche di più e cerco di trasmetterli. Per questi ragazzi potrei essere il fratello maggiore o il papà e cerco di essere per loro un punto di riferimento".

Quello che è mancato a lei durante la carriera, già dal passaggio al Milan? "Si, nei momenti importanti non ho avuto accanto persone che mi dessero i consigli giusti, come i genitori, e dovendo scegliere da solo avevo il 50% di possibilità di sbagliare. E il primo errore fu non restare alla Samp un anno in più (nel '96 era titolare della Samp e della Nazionale Under 21 con cui vinse l'Europeo parando due rigori, ndr) e crescere e maturare in una piazza più adeguata per un giovane piuttosto che fare il salto nel Milan. Preso dall'entusiasmo con il mio procuratore scelsi una situazione più grande di me, pensando che bastasse essere un buon portiere per giocare la domenica in A; invece ci sono situazioni, gerarchie e logiche di spogliatoio per cui non sempre giochi, soprattutto se non ti difende la società. Rossi, che doveva essere il titolare, non era in forma e fecero giocare me per tre partite, che feci anche bene, poi mi rimisero in panchina per far giocare Seba dicendo che dopo le sedute dallo psicologo stava meglio, ma non era così. Dopo un torneo per inaugurare l'Amsterdam Arena dove fui premiato come miglior portiere tornammo a Milano a metà settimana e non si capiva chi dovesse giocare contro la Samp; mi tennero in sospeso fino all'ultimo poi mi dissero che dovevo giocare io ma psicologicamente non ero pronto a quella responsabilità contro la mia ex squadra e lì ho fatto uno dei pochi errori marchiani della carriera che però continuano tutti a rinfacciarmi e far vedere in tv; su un mio stop sbagliato ci fu un rimpallo con Mancini e Montella mi segnò. Lì ho sentito la mancanza di un punto di riferimento nello spogliatoio, il preparatore di allora non era uno di quelli che ti sapeva dare consigli giusti ed io non sapevo con chi parlare visto che nel Milan di allora bisognava conoscere cinque lingue per parlare con qualcuno e così iniziò il mio travaglio. Mi fecero fuori invece di darmi subito un'altra opportunità e la fiducia come ad esempio hanno fatto successivamente con Abbiati o come stanno facendo con Donnarumma adesso. Per questo dico ai più giovani di non avere fretta e di rimanere un anno in più in una squadra a maturare invece di tentare subito il salto, come ha fatto Neto. Ecco perché capisco come possa sentirsi lui. Per me credo sia iniziato tutto da lì, da una scelta sbagliata che ha avuto ripercussioni anche dopo".

Dal Milan al Perugia di Gaucci, anche lì una scelta sbagliata? "Il primo anno in realtà andò benissimo e vincemmo il campionato di B. C'era entusiasmo, i tifosi mi volevano bene e mi convinsi proprio per loro a rimanere a Perugia invece di rientrare nel Milan e fare magari il titolare come è successo poi ad Abbiati quando Rossi, già promosso al posto di Lehmann, dette un pugno a Bucchi. Così lui ha vinto lo scudetto quell'anno ed io invece ho avuto subito le gambe tagliate alla prima di campionato perché perdemmo 4-3 con la Juve con una mia cavolata e Luciano Gaucci mise fuori rosa me e Tovalieri accusandoci di aver venduto la partita perché avevo Moggi come agente con cui non andava più d'accordo e Castagner lo assecondò nonostante in estate ci avesse individuato come titolari intoccabili. Iniziò un periodo dentro-fuori poi andai in prestito. Nella terza stagione con Mazzone ormai era titolare inamovibile Mazzantini e, a novembre, io fui trovato positivo al doping".

Un caso rimasto sempre con il dubbio di uno scambio di provette con Nakata... "Ho sempre detto di non averlo fatto e un magistrato mi aveva dato anche ragione. Aveva visto che c'era qualcosa ma non è potuto andare avanti perché non c'erano le prove dello scambio, né chi lo ha fatto materialmente né più le urine nonostante molti valori non tornassero. Ma la Federazione mi disse che all'epoca i prelievi si facevano così, punto". Dopo il rientro dalla squalifica di due anni la carriera di Pagotto non è stata più la stessa ed è proseguita nelle categorie inferiori, con altri problemi e altre scelte sbagliate fino al nuovo caso di positività alla coca a Crotone nel 2007, quello sì ammesso dal giocatore e pagato con otto anni di squalifica scaduti a giugno (prorogati a dicembre per la vicenda della Sanremese) come detto. 

Chiuso con il passato, Pagotto riparte da Firenze dove vive da qualche anno per amore, dopo la separazione dalla moglie. E dove allena i giovani portieri della Settignanese. Ma pensa mai che i suoi problemi sono iniziati proprio in questa città (Fiorentina-Perugia è la partita del primo caso di doping)? "Non voglio associare Firenze a cose negative perché qui sto bene e sono felice. Devo dire grazie alla mia compagna per la pazienza e l'aiuto ad inserirmi nella città e a farmi conoscere persone stupende al di fuori del calcio. Ringrazio anche la Settignanese perché è stata l'unica società a darmi fiducia qua a Firenze e devo dire che ho trovato un ambiente strutturato e professionale quasi come un club di serie A. Ma ora vorrei che il calcio per me tornasse ad essere un lavoro, come lo è stato da calciatore".

Ma perché, uno che dal calcio ha avuto solo cose negative, vuole rimanere proprio in quest'ambiente? "Perché è la mia vita, gli ho dedicato tutto e voglio continuare a farlo".

Carolina e la sua famiglia sono tifosi della Fiorentina, impossibile per Pagotto non seguirla dunque con simpatia e passione. Cosa ne pensa? "Sta lavorando nella maniera giusta, già con Montella ed ora con Sousa, perché la società è attenta al budget e cerca giocatori che costano poco ma ottengono le stesse prestazioni di giocatori dal cartellino e ingaggi pesanti e nello stesso tempo cerca di tirare fuori elementi importanti dal settore giovanile visto che quello della Fiorentina è tra i migliori".


Da portiere, le piace Tatarusanu? "In questi due anni si è fatto sempre trovare pronto, in questo campionato ha avuto qualche sbavatura ma ci può stare nell'arco di una stagione. La squadra si fida di lui e questo lo rende un buon portiere, anche se lo vedo fin troppo tranquillo e nel campionato italiano è un rischio. Sepe mi sembra più focoso ed esplosivo ma lo conosco poco".

Degli altri viola chi le piace? "Kalinic è un attaccante che partecipa all'azione, un lottatore che trascina e fa reparto anche quando non fa gol. Inoltre non pensavo che Bernardeschi fosse cosi bravo, tecnicamente e per la capacità di tenere certi ritmi per 90 minuti".

Conosce Sousa? "Ci ho giocato contro e si vedeva e diceva che già da calciatore era equilibrato, di carattere ed uno al quale i compagni si appoggiavano".


Il portiere più forte resta Buffon, che le fece da secondo in Under 21 nell'Europeo vinto? "Per voglia, determinazione e gol presi sì, è ancora sul pezzo e affidabile. Ma ci sono buoni giovani dietro. Mi sta impressionando Donnarumma, ad esempio, sia per il carattere perché non è facile giocare nel Milan sia per la reattività, cosa non facile per uno alto come lui".

Che campionato sarà? "Più equilibrato e se la giocano Juve, Roma, Napoli e Inter. I viola hanno equilibrio nel gioco e sanno quello che vogliono, se dal mercato di gennaio arrivano i rinforzi giusti non ha problemi a giocare per la Champions, ma per lo scudetto non la vedo ancora pronta".
 

© foto di Corrierespione
© foto di Corrierespione
© foto di Corrierespione
© foto di Corrierespione
© foto di Corrierespione